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DA ORIO AL CUORE ECONOMICO DELL’EUROPA IN 2 ORE: MA PREOCCUPA IL CALO DELLE MERCI

Dall’annuale rapporto ICCSAI (l’International Center for Competitiveness Studies in the Aviation Industry, centro di ricerca nato in seno all’Università di Bergamo), un po’ il vangelo sullo stato di salute e sulle prospettive del traffico aereo europeo, l’aeroporto di Orio al Serio ne esce con tante certezze e alcune preoccupazioni. In particolare l’ultima edizione del “Fact Book”, presentata dal Coordinatore Accademico Renato Redondi lunedì 9 dicembre nell’area partenze del Caravaggio, ha messo in luce un 2018 e una prima parte 2019 in cui la crescita dei passeggeri nel Vecchio Continente è stata molto positiva seppure in rallentamento mentre lo stesso non si può dire di un traffico merci in generale contrazione, anche a causa di politiche più protezionistiche.

In un quadro europeo che va sempre più verso un mercato oligopolistico, nel quale grandi gruppi e vettori guadagnano sempre più fette di mercato, Orio al Serio ha da tempo la sua certezza, che risponde al nome di Ryanair.

Il vettore low cost irlandese, per numero di passeggeri secondo in Europa solo al gruppo Lufthansa e con però il miglior load factor che sfiora il 96%, rappresenta l’82,3% dei posti offerti dallo scalo bergamasco: un dominio netto e crescente, dal febbraio 2002 a oggi, che ha portato grandi vantaggi non solo all’aeroporto, balzato solidamente al terzo posto italiano dopo i giganti Fiumicino e Malpensa, ma anche al tessuto economico che lo circonda.

Un dato su tutti, ricordato dal vicesindaco del Comune di Bergamo Sergio Gandi, è emblematico: le presenze turistiche in città sono cresciute del 55%, segnale di come si sia riusciti a convogliare al meglio un traffico che inizialmente sfruttava Orio al Serio solo o principalmente come appoggio per raggiungere Milano.

Una strategia vincente ma che porta con sé un rischio, magari poco concreto per ciò che Bergamo è stata in grado di costruire, ma che non può essere escluso a priori: se è vero che il 72,1% degli aeroporti in Europa ha aumentato il proprio volume passeggeri in un anno e che Bergamo nel periodo 2013-2018 ha una delle migliori crescite in Italia, lo è altrettanto che negli scali abbandonati strada facendo dai vettori low cost si sono registrate le contrazioni più sensibili e che, giurano gli esperti, avranno effetti negativi permanenti.

La vera cattiva notizia che emerge dal rapporto ICCSAI riguarda la scarsa accessibilità intercontinentale diretta dal nostro Paese, in particolare su destinazioni di seconda fascia: dei passeggeri italiani con destinazioni intercontinentali solo il 39% ha viaggiato direttamente dall’Italia, il 6% si è appoggiato a un hub nazionale e il restante 55% ha utilizzato uno scalo straniero.

Da questa evidenza, però, ne esce anche un valore positivo: gli italiani hanno un’altissima propensione al volo, maggiore di quella dei tedeschi o dei francesi.

Fattore che ha colpito favorevolmente anche Niall O’Connor, responsabile dello sviluppo delle rotte per Ryanair che subito l’ha associata alla forte penetrazione del low cost nel nostro Paese. .

“Che Orio sia profondamente legato al modello low cost e a Ryanair credo non ci sia bisogno di spiegarlo – ha ribadito il direttore generale di Sacbo Emilio Bellingardi – Ma il modello di business sta cambiando un po’ per tutto il sistema e anche da noi inizia a manifestarsi la copresenza di più vettori: vediamo già Alitalia e British Airways, c’è stata Vueling, l’anno prossimo con alcuni collegamenti particolari ci sarà SAS. Sta nascendo il cosiddetto self-hubbing, che è ciò che Ryanair fa da noi con voli in connessione. Da tempo lo ripeto anche al mio amico Michael O’Leary (CEO di Ryanair ndr): è arrivato il momento per le low cost di fare feederaggio per i grandi hub europei, se vogliamo avere una connettività intercontinentale sostenibile si deve andare in quella direzione”.

A proposito di Alitalia, Giulio Manunta, Revenue Management Director della compagnia di bandiera, ha riconfermato la bontà della scelta di portare a Bergamo parte dell’attività, prima per necessità (la chiusura di Linate) e poi precisa volontà: “Abbiamo identificato in Orio al Serio un’importante area attrattiva e ci abbiamo creduto nonostante il rapporto fosse nato per altri motivi. In questo modo siamo in grado di alimentare il nostro lungo raggio”.

Per Orio al Serio c’è un’altra buona notizia: grazie ai suoi collegamenti, in due ore di volo si raggiunge oltre il 60% dei luoghi che maggiormente partecipano alla produzione del Pil europeo, seconda miglior percentuale italiana che se si raddoppia l’arco temporale preso in esame sale fino al 92,6%.

“Un dato estremamente positivo – aggiunge Bellingardi – che ha cambiato e aumentato la quota di traffico business. Per molti anni Ryanair ha fatto volare chi non l’aveva mai fatto, oggi è normale che stia cambiando la sua strategia per fidelizzare”.

E sulle prospettive di Orio il direttore generale di Sacbo non ha dubbi: “La crescita passa per forza dall’intermodalità, spero non ci siano più dubbi o ripensamenti su questo. Lo scalo sarà collegato via ferro con Bergamo e Milano, l’attuale mancanza non è un problema del solo territorio bergamasco o regionale ma di tutti i cittadini delle oltre 130 destinazioni che serviamo. Siamo al centro di una rete europea, in una Regione che esprime una potenzialità economica incredibile e che ha fatto della trasformazione delle materie prime e del turismo il suo personalissimo petrolio”.

A rassicurarlo l’assessore regionale alle Infrastrutture e Trasporti Claudia Terzi: “La necessità del treno per Orio è ormai condivisa da tutti, noi lavoriamo per fare in modo che oltre all’infrastruttura ci sia anche il modo di inserirla in un sistema già affollato. I tempi? Ci siamo dati le Olimpiadi 2026 come appuntamento entro il quale dovrà per forza essere pronto ma mi auguro che ce la si faccia un bel po’ prima”.

Tra i dati preoccupanti emerge quello relativo al traffico merci che per anni ha visto Orio al primo posto in Italia grazie alla contemporanea presenza dei due vettori courier principali sul mercato, uno dei quali (DHL) dal prossimo anno si sposterà in modo importante su Malpensa.

Bergamo già lo scorso anno aveva perso il 2,2% del suo mercato, salito già al -4,4% nei primi mesi del 2019: “Abbiamo dovuto per forza di cose fare una scelta – ammette Bellingardi – I distretti produttivi qui attorno, e non solo, si dovrebbero fare due domande: le infrastrutture servono per crescere e sia chiaro a tutti che lo sviluppo lo paga esclusivamente il gestore aeroportuale di tasca sua”.

E i numeri negativi sul settore cargo non preoccupano solo Bergamo: anche Ugo De Carolis, amministratore delegato di Aeroporti di Roma, si è detto attento alle evoluzioni di una piccola crisi che potrebbe anche essere anticipatrice di problemi di altra natura per tutto il traffico aereo, ricollegabile magari a quella crescita a ritmi più lenti che già si registra nel terzo trimestre 2019 e che allarma il suo omologo di Sea Armando Brunini.

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